Ugo Bassi
Giuseppe (Ugo) Bassi, nasce il 12/08/1801, a Cento di Ferrara. Gracile alla nascita, i genitori lo fecero battezzare subito. Crebbe a Bologna. Il padre era doganiere pontificio e la madre cameriera. La città gli ha dedicato la strada del centro, che dalle 2 torri costeggia il Municipio. D’animo sensibile e temperamento energico è adolescente durante l’occupazione napoleonica. Attento alle idee di libertà e di patria, nel 1815 chiese di essere arruolato nell’esercito di Gioacchino Murat, ma fu scartato per gracilità. Nel 1816 entra nel Collegio Barnabita di S. Lucia. Ricevette un’istruzione classica e maturò una profonda vocazione religiosa. Il babbo cercò di ostacolarlo, ma Ugo volle indossare l’abito Barnabita. Ebbe una memoria prodigiosa ma, senza attività fisica, la sua salute diventò presto cagionevole. Per questo i Barnabiti lo destinarono all’insegnamento. Suonò magistralmente il cembalo, la chitarra e il violino; inoltre scrisse, disegnò e dipinse con passione.
Abile predicatore – P. Bassi conosceva l’arte di parlare in pubblico. Conquistò subitol’attenzione degli altri per la signorilità dei modi, la buona conversazione, le sue idee e la generosità. Le prediche duravano almeno di 2 ore. Citava date e nomi con estrema precisione. Entusiasmava i giovani, ma suscitava perplessità negli anziani per lo sfoggio di cultura profana. Venne acclamato e richiesto in importanti cattedrali del paese: S. Carlo a Roma, S. Felice di Milano, S. Petronio a Bologna, Palermo (dove si prodigò a sostegno dei colpiti dal colera), Venezia, Trapani, Messina, Livorno, Ancona, ma anche a Cesena, Faenza, Lugo. Tuttavia le sue denuncie aperte dei mali della società lo portarono a scontrarsi con le gerarchie. Sue prese di posizioni vennero ritenute offensive per il governo papale. Nel 1848 si arruolò ad Ancona al seguito del generale Andrea Ferrari. Iniziò una attività di propaganda per arruolare volontari e raccogliere fondi. A Treviso rimase ferito in battaglia. Ugo Bassi provò delusione e sconforto quando PIO IX rinunciò ad impegnare il Vaticano lla causa dell’indipendenza dell’Italia.
Padre Bassi e Livraghi: Incontro con Giuseppe Garibaldi – Il 4 marzo 1849, Bassi è a Roma. Viene nominato cappellano della legione di Garibaldi. Scriverà di questo incontro: “…Garibaldi è l’eroe più degno di poema, che io sperassi in vita mia di vedere. Le nostre anime si sono congiunte come se fossero state sorelle in cielo prima di trovarsi nelle vie della terra”. Bassi conquistò l’animo dei soldati dividendo con loro la giornata. Incurante di sè, era sempre pronto a rincuorare gli altri. A Roma, Bassi, partecipò al vittorioso combattimento contro i francesi a porta S. Pancrazio. Operò con fervore e dedizione negli ospedali e in prima linea. Il giorno 30 marzo i francesi assalirono le mura di Roma con tutta la potenza della loro artiglieria. La sera partì da Roma con la legione dei volontari garibaldini. Con abilità e fortuna Garibaldi riuscì ad eludere gli inseguitori. L’odissea della legione garibaldina durò un mese fino ai piedi di S. Marino. Da ogni parte erano inseguiti da truppe nemiche. Erano laceri, affamati, demoralizzati. Ugo Bassi venne prima mandato a parlamentare col reggente sammarinese per ottenere viveri e il permesso di passare per il territorio della Repubblica. Garibaldi, poi, vistosi senza alternative diede ordine di entrare. Ugo Bassi assistette i feriti nel convento dei Cappuccini. Con 250 uomini, tra cui Ciceruacchio e i suoi figli, Garibaldi sgusciò via fra le maglie dell’accerchiamento. Si diressero verso il mare. All’alba il generale austriaco Hahne si accorse di essere stato giocato e inseguì i fuggiaschi. A Gatteo, Ugo Bassi, ebbe l’opportunità di mettersi in salvo da un amico, ma preferì restare al fianco del generale.
Partenza da Cesenatico e la cattura – Nella notte fra l’l e il 2 agosto, i garibaldini giunsero a Cesenatico. Qui sette soldati croati di guardia al porto vennero arrestati da Ugo Bassi e da Anita Garibaldi. Venne impedito alle autorità di mettersi in moto e requisiti 13 bragozzi con equipaggio compreso. Alle tre di notte i legionari cominciarono a imbarcarsi. Alle sei salparono per Venezia insorta. Garibaldi volle che Ugo Bassi salisse nella sua stessa barca, dove erano anche Anita e Cíceruacchio con i figli. Nelle vicinanze di Goro vennero intercettati da una goletta e un brick austriaci. Cinque bragozzi approdarono fra Magnavacca e Volano. Accanto a Garibaldi e ad Anita morente rimasero Ugo Bassi, Giovanni Livraghi e G.B. Culiolo, detto Leggero. Ma il gruppo era troppo numeroso. Dava nell’occhio. Ugo Bassi e il Livraghi si diressero verso Comacchio. Alle 11 giunsero all’osteria della Lenza. Ugo Bassi venne scambiato per Garibaldi, e si sparge la voce. Qualcuno gli consigliò di abbandonare l’osteria. In città c’erano troppi soldati. Lo stesso chiese Livraghi, ma il Bassi non ascoltò. Accettò solo di trasferirsi all’osteria della Luna per consumare un frugale pasto. Questi ritardi favorirono la gendarmeria che li arrestò alle 11,45. La curia di Comacchio, informata dell’accaduto, si presentò subito al comando austriaco e chiese il rilascio del Barnabita, protetto dal diritto canonico. Ma i poteri erano tutti in mano al generale Gorzkowski governatore di Bologna.
Trasferimento a Bologna – Nel pomeriggio del giorno 5 agosto i due prigionieri vennero trasferiti a Bologna. Le due vetture procedettero sotto la scorta di 50 soldati austriaci, giunti da Ravenna. La sera del 7 agosto, a Bologna, i due vennero rinchiusi a Villa Spada, sede del generale Gorzkowski. La notizia dell’arrivo di Bassi e Livraghi si sparge per la città in un baleno. Gli venne concesso un incontro con la sorella Carlotta. Subito dopo con Livraghi venne condotto alle carceri della Carità, per attendere la sentenza. Non vi fu alcun “processo”, neppure sommario. Il generale Gorzkowski volle ammonire con un “esempio” la popolazione a non far nulla in favore del “bandito” Garibaldi, di cui si erano perse le tracce. Accusò Ugo Bassi di detenzione d’armi e il Livraghi, suddito austriaco, di diserzione e ordinò l’immediata fucilazione dei prigionieri. La Curia o i Barnabiti non dovevano avere il tempo per fare pressioni e salvare la vita ai due.
La fucilazione – La mattina del giorno 8 agosto a Villa Spada, due sacerdoti ebbero il compito assistere i condannati prima della fucilazione. Un ufficiale lesse loro il decreto di condanna a morte. Ugo Bassi era preparato. Conosceva la legge marziale e non si aspettava clemenza da Gorzkowski. Tuttavia protestò fieramente la propria innocenza: “Aveva assistito i morenti sul campo, non aveva mai negato il soccorso neppure ai nemici, non era armato, come non lo era il suo compagno, non era reo …” Incatenati ai polsi, furono fatti salire coi due sacerdoti su un carro militare e condotti un via della Certosa. Vicino agli archi 66-67 dovettero scendere. Ugo Bassi salutò il compagno che doveva essere fucilato per primo: “Fra poco saremo congiunti”, disse. Volle che fosse un sacerdote a bendarlo. Prese a recitare: “Ave Maria”… ma una fucilata troncò l’ultima parola. Fu sepolto senza bara, in una fossa insieme al Livraghi. Nei giorni successivi gruppi di bolognesi si recarono sulla tomba, la coprirono di fiori e ne tolsero zolle di terra per ricordo. Per impedire ai bolognesi di manifestare i loro sentimenti di amore e di devozione al martire, nella notte fra il 18 e il 19 agosto i due corpi vennero esumati e occultati nell’interno del cimitero della Certosa. Soltanto nell’agosto del 1859 i parenti ottennero che le ossa di Ugo Bassi fossero collocate nella tomba di famiglia accanto ai genitori.