Il 30 Giugno 1849, Villa Spada era perduta; il giorno successivo l’Assemblea Costituente Romana decretava la cessazione della difesa di Roma, ormai «diventata impossibile».
Il 2 Luglio, a mezzogiorno, Garibaldi accompagnato da Anita, invitò i Legionari a seguirlo e loro disse: «Soldati, io esco da Roma. Chi vuole continuare la guerra contro lo straniero venga con me. Non posso offrirgli ne onori ne stipendio; gli offro fame, sete, marce forzate, battaglie e morte. Chi ama la Patria mi segua».
L’appello non fu vano. Alle otto di sera Garibaldi lasciava Roma con 3.983 fanti e 819 cavalli, un cannone, due vetture per feriti, alcuni carri a due e quattro ruote Giuseppe Garibaldi per bagagli, munizioni, attrezzi da cucina…
Perduta Roma, mirò a Venezia; Venezia che resistenza ancora, là ove era guerra, libertà e l’onore d’Italia.
Anita volle accompagnarlo malgrado il suo stato di avanzata gravidanza. Quattro eserciti gli serravano la strada.
Destreggiatosi per ventotto giorni, la sera del 29 Luglio, Garibaldi, con forse meno di 2.000 Legionari, era sotto le mura della Repubblica di S. Marino.
Mentre Garibaldi parlamentava con una deputazione inviatagli dalla Reggenza, un corpo di austriaci era apparso alla retroguardia della colonna garibaldina e fu merito di Anita se i Legionari poterono raggiungere il territorio della Repubblica arrampicandosi per dirupi.
Il governo della Repubblica tentò di farsi mediatore di una «Convenzione» col Comandante degli austriaci, che. già avevano circondato il monte. Le condizioni poste non furono accettate da Garibaldi.
Pertanto, anche per non compromettere le sorti della minuscola Repubblica ospitale, sulla scalinata del Convento dei Cappuccini, scrisse il breve accorato proclama: «Da questo momento io svincolo da qualunque obbligo i miei compagni, ma rammento loro che l’Italia non deve rimanere nell’obbrobrio. Meglio morire cheIncisione su pipa dell’immagine di Garibaldi vivere schiavo dello straniero.
La sera stessa verso le 11 radunati i migliori ufficiali e fidi suoi, dice «a chi vuole seguirmi io offro nuove battaglie, patimenti, esili. Patti con lo straniero, mai!».
Poi, verso la mezzanotte del 31, Garibaldi usciva da S. Marino, sempre seguito da Anita, incinta e febbricitante, da Giovanni Battista Culiolo (detto «Leggero»), dal frate barnabita Ugo Bassi, da Angelo Brunetti (Ciceruacchio) con i figli Luigi e Lorenzo – quest’ultimo di 13 anni – dal colonnello Ugo Forbes e da altri ufficiali della difesa di Roma, con circa 250 volontari, fra i quali, ravennati: Giovanni Spallazzi ventenne e Gaspare Montanari.
Il 1° di. Agosto 1849 incominciava la «trafila», compiuta in quattordici giorni, da uomini di ogni condizione sociale che pensarono ed operarono per l’indipendenza d’Italia e per salvare Colui che ne era il principale artefice.